2014 Rachele De Prisco, Quattro del mattino

Rachele De Prisco, Quattro del mattino

Quattro del mattino
e niente caffè.

Ripenso alla notte disturbata dai miei continui risvegli,
dalla panchina congelata della sala d’aspetto di un reparto che

[quasi mi fa sorridere:]

ma che diavolo c’entra l’oculistica con me?

“Chi deve abortire aspetti pure seduto qui. Appena si libera un

[letto ve lo diamo”]

Io devo abortire.

Sono come lontana chissà quanto da tutto quello che mi

[circonda e dalla voce] dell’infermiera già così rassegnata ad una giornata piena di

[gente di numeri.]

Come fai ad avere il tempo e lo spazio giusto per pensare a

[quello che ti sta capitando?] Tutto sembra quasi fungere da anestetico.

Una sola la preoccupazione: che l’infermiera esca da quella

[porta,]

continuamente ed indifferentemente richiusa,
e ti assegni al tuo destino giornaliero.

Certo, stare bene perfettamente e vedersi inchiodare ad un letto

[ancora caldo…]

è pacchiano, ti senti fuori luogo.

“Anche tu qui per via dell’aborto?”

Mi giro incontrando lo sguardo della mia compagna di sedili

[gelidi che, rivolta a me]